La registrazione degli atti giudiziari prevede il versamento di una imposta all’Agenzia delle Entrate, la cui somma deve essere pagata dalla parte soccombente, e in regime di solidarietà solo in via sussidiaria.
Gli atti giudiziari soggetti a tassazione prevedono il pagamento di una imposta di registro, chiamata così perché viene corrisposta nel momento in cui gli atti vengono registrati. L’importo, da versare all’Agenzia delle Entrate, viene calcolato in base al tipo e al valore della causa. Per conoscere l’importo è sufficiente entrare sul sito dell’Agenzia, accedere al servizio “Calcolo degli importi per la tassazione degli atti giudiziari” e inserire i dati richiesti, come ad esempio gli estremi del provvedimento, l’anno e l’ente giudiziario emittente.
Ci sono però dei casi in cui il pagamento dell’imposta di registro non è previsto.
Registrazione e utilizzo degli atti giudiziari
La registrazione degli atti giudiziari è obbligatoria per consentire il loro utilizzo durante un processo e deve avvenire all’Agenzia delle Entrate. Se un documento non viene registrato, le parti non potranno depositarlo, allegarlo o menzionarlo durante il processo, escludendone quindi qualsiasi utilizzo.
Esistono provvedimenti di tre categorie: civili, penali e amministrativi e possono corrispondere a sentenze, ordinanze, decreti, citazioni, precetti o intimazioni a testimoni.
Per alcuni atti giudiziari è prevista l’esenzione fiscale. Si tratta ad esempio di procedimenti presso il Giudice di Pace con un valore inferiore a 1.033 euro, atti di ingiusta detenzione, interdizione o inabilitazione, omologazione del concordato familiare oppure estinzione del giudizio. In questi casi non è previsto il pagamento dell’imposta ma resta l’obbligo della registrazione del documento.
Chi deve pagare l’imposta?
In seguito alle modifiche apportate all’art. 57 del DPR 131/1986 e alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 139 del 18 settembre 2024, le spese di imposta degli atti giudiziari sono a carico della parte soccombente che deve pagare le spese del giudizio, rimborsando il soggetto vincitore.
A differenza di quanto avveniva in passato, il pagamento in solido si applica solo in via sussidiaria, ponendo a carico del soccombente le spese legate alle imposte di registro degli atti giudiziari. Solo successivamente l’Agenzia potrà rivalersi anche sulla parte vincitrice, qualora la riscossione nei confronti dei soggetti in questione non sia possibile.
L’addebito delle spese avverrà da subito a carico della parte soccombente anche in caso di sentenza parziale, eccetto il caso in cui la soccombenza non sia reciproca o parziale.
La disposizione si è resa necessaria per evitare situazioni in cui il soggetto che vince la causa si debba fare carico delle imposte. Chi perde la controversia spesso è troppo onerato e non è in grado di provvedere a queste spese, obbligando il vincitore a sostenere le ulteriori spese del decreto ingiuntivo per tentare di recuperare queste somme.