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Scienze forensi

Tecniche e scoperte che hanno cambiato le scienze forensi

Le scienze forensi sfruttano tecniche e metodologie specifiche per ricostruire i fatti relativi a un crimine o a un’indagine giudiziaria. Comprendono varie discipline e coinvolgono professionisti esperti.

L’origine delle scienze forensi va ricercata nel XVI secolo, quando i medici iniziarono ad utilizzare il metodo scientifico per analizzare gli eventi accaduti e trarne delle conclusioni di tipo giuridico. Con il passare del tempo, si sviluppò una branca specifica della medicina che portò allo sviluppo della moderna patologia medica.
Agli inizi del ventesimo secolo venne fondata in Italia la prima polizia scientifica del mondo. Il suo compito era quello di utilizzare le nuove tecniche scientifiche per dimostrare la colpevolezza o l’innocenza di un imputato.

Tecniche di indagine forense

La polizia scientifica utilizza, per portare a termine i propri compiti, diversi tipi di indagini, classificabili come:

  • Indagini sul campo: vengono scattate fotografie e fatte delle riprese video e individuati e raccolti degli oggetti da fare analizzare;
  • Indagini di laboratorio: vengono analizzate le prove attraverso l’applicazione delle scienze come la chimica, la biologia e l’informatica;
  • Indagini medico-legali: gli esami psicologici analizzano lo stato mentale di un soggetto, mentre quelli effettuati post-mortem sulle vittime cercano di determinare causa e modalità del decesso;
  • Indagini digitali: prevedono l’analisi informatica di dati, audio e video estratti da computer, telefoni e reti informatiche.

Le principali scoperte nelle scienze forensi e le loro applicazioni

L’inglese Sir Francis Galton scoprì che non esistono al mondo due persone con le stesse impronte digitali. La prima applicazione di questa scoperta si ebbe in Argentina alla fine dell’Ottocento. Una donna aveva ucciso i suoi due figli e aveva dato la colpa ad un contadino. La polizia rilevò un’impronta insanguinata sulla scena del delitto che le analisi rivelarono essere della donna, la quale successivamente confessò.

Nel corso degli anni Ottanta, invece, venne scoperto che analizzando il DNA si poteva identificare univocamente un soggetto. Gli esami del DNA sostituirono quelli del sangue che, a quel tempo, permettevano soltanto di individuare il gruppo sanguigno.

Alla fine del secolo scorso venne introdotto l’utilizzo del Luminol, un composto chimico che permette di rilevare le tracce di sangue. In particolare, la sostanza che fa attivare il Luminol è il ferro presente nell’emoglobina, che resta sulle superfici anche se accuratamente lavate.

Per ricostruire la dinamica di un delitto viene utilizzata il BPA (Blood Pattern Analysis), con cui si cerca di ricostruire in 3D la scena del crimine grazie all’uso di alcuni software. Il BPA unisce l’uso di diverse scienze come la biologia (per le tracce di sangue), la matematica (per il calcolo delle traiettorie), la fisica e la chimica (per le forze applicate sui corpi).

Attualmente in fase di sperimentazione negli Stati Uniti è l’impronta cerebrale, che si basa sul rilevamento di un’onda cerebrale chiamata P300, emessa dal nostro cervello quando riconosce uno stimolo. Al soggetto viene applicato un casco con degli elettrodi in grado di rilevare questo tipo di onde. Quando viene mostrata un’immagine conosciuta, il cervello emette le onde P300 e non c’è modo per impedirgli di farlo. Se invece l’immagine mostrata ci è estranea, il nostro cervello non avrà nessun tipo di reazione.

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