L’Europa si trova a fronteggiare un complesso problema legato al possesso e al traffico illegale di armi da fuoco. Una questione resa ancor più delicata dalle disparità legislative tra gli Stati membri dell’Unione europea.
Il traffico di armi illegali in Europa e in Italia
L’Unione europea è alle prese con una sfida critica legata al possesso e al traffico di armi da fuoco illegali. Si stima che nel territorio comunitario circolino almeno 35 milioni di armi clandestine, un numero che, secondo i dati della Commissione europea, costituisce il 56% del totale delle armi civili.
La questione del traffico illegale è strettamente collegata ai confini aperti e alla libera circolazione nel sistema Schengen, che ha semplificato il passaggio di armi tra gli Stati membri. Un esempio emblematico è il Belgio, che per via della sua posizione centrale e dei suoi porti come Anversa, è diventato un punto di snodo per il commercio illecito. Inoltre, le origini di molte armi illegali risalgono ai Balcani occidentali, dove, a seguito delle guerre degli anni ‘90, un’enorme quantità di armi militari è rimasta in mano ai cittadini.
L’Italia non è immune al problema, con il mercato illegale che prolifera anche nel dark web, dove armi e munizioni sono facilmente acquistabili. Questo commercio sommerso alimenta non solo la criminalità organizzata, ma anche episodi di violenza in ambito domestico, uno dei contesti più pericolosi legati al possesso di armi.
Le principali organizzazioni mafiose italiane, come ‘Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra, sfruttano questi canali per rifornirsi di armi, spesso provenienti da conflitti internazionali o acquistate attraverso il dark web. Secondo un rapporto di Small Arms Survey, in Italia circolerebbero circa 1,5 milioni di armi illegali, alimentando un mercato nero che rafforza il potere delle mafie sul territorio.
La legislazione europea tra armonizzazione e difficoltà nazionali
Nel marzo 2024, l’Unione europea ha compiuto un passo importante verso un controllo più stretto della circolazione delle armi da fuoco, approvando un aggiornamento al regolamento sulle importazioni, esportazioni e transito. La nuova normativa prevede l’introduzione di un sistema di licenze elettroniche (ELS) a livello europeo per produttori e distributori, pensato per rendere più trasparente e sicuro il tracciamento delle armi.
Nonostante questo, permangono significative discrepanze nelle normative nazionali. La Repubblica Ceca, ad esempio, prevede un diritto costituzionale al possesso di armi, mentre la Romania applica una delle legislazioni più restrittive.
L’Italia, nel contesto europeo, applica misure rigide per l’acquisto legale, ma rimane vulnerabile al traffico illegale a causa della sua posizione geografica e della presenza della criminalità organizzata. La modernizzazione normativa, quindi, deve affrontare non solo l’armonizzazione legislativa, ma anche l’efficacia delle misure di controllo sul territorio.
Armi e violenza domestica: un problema di sicurezza sociale
Mentre le sparatorie di massa attirano comprensibilmente l’attenzione pubblica e mediatica, in Europa la maggior parte delle vittime di armi da fuoco si registra in contesti domestici. Anche su questo aspetto, l’Italia non fa eccezione. Suicidi e femminicidi sono spesso legati a armi detenute legalmente, con tragici episodi di violenza familiare che coinvolgono partner o ex partner.
Secondo il Flemish Peace Institute, il 75% dei decessi per arma da fuoco registrati nel 2015 erano suicidi, a cui si aggiungono omicidi e incidenti domestici. La ricercatrice Katharina Krüsselmann evidenzia come il rischio di suicidio aumenti nei nuclei familiari dove sono presenti armi da fuoco. Per arginare tali tragedie, la regolamentazione e il controllo della custodia e dell’accesso alle armi rivestono un ruolo cruciale.
In Italia, il dibattito continua a ruotare attorno a un punto essenziale: bilanciare la sicurezza pubblica con il diritto individuale alla proprietà legittima delle armi, evitando che le norme diventino un terreno fertile per il traffico e la violenza.