Il fatto risale al 2014 relativamente ad un avviso di accertamento rivolto ad un istituto di vigilanza privata da parte della società concessionaria del Comune di Terni. Quest’ultima aveva recuperato in tal modo l’imposta comunale sulla pubblicità circa l’anno 2014 con la causale di contrassegni distintivi e logo aziendale applicati sulle autovetture di servizio. La motivazione arrecata dall’ente di recupero era che le scritte recanti nome della società con relativo sito internet e numero di pronto intervento apposti su fiancate, cofano e lunotto, sarebbero state ascrivibili al pari di messaggi pubblicitari.
Impugnato l’avviso di accertamento, la società si è avvalsa dell’obbligo di legge in cui si intima che scritte e loghi non solo devono essere approvati dall’autorità pubblica competente ma che quest’ultima ne decide anche posizionamento esatto sul veicolo e la dimensione. Nel caso soprariportato inoltre il fatto era già deducibile in quanto l’identificazione della sede di attività non era pubblicizzata in mancanza dell’indirizzo fisico e del telefono diretto della ditta, ma era riportato solo il numero di pronto intervento.
Da ciò si deduce che i contrassegni distintivi non facciano da pubblicità commerciale ma sono un obbligo identificativo. Lo sottolinea e lo sancisce ora anche il tribunale. Se in primo grado il ricorso è stato in un primo momento rigettato, tale verdetto viene invece ribaltato in sede di appello.
Di conseguenza la Ctr conferma che i veicoli ed automezzi di vigilanza privata durate l’esercizio dell’attività devono essere dotati di contrassegni distintivi che ne facilitino l’identificazione e che siano conformi alle caratteristiche approvate dalle autorità competenti.
Caratteristiche autorizzate dalla Questura di competenza che quindi ne facilitano l’immediata riconoscibilità da parte delle forze dell’ordine. Addirittura tale riconoscibilità è chiaramente d’obbligo, per poter esercitare la propria attività, quale requisito operativo e qualitativo richiesto.